Non è mai stata mia abitudine commentare o dare particolare importanza a ciò che leggo sul web. In questo caso però ritengo di non poter tacere, un po’ per responsabilità nei confronti di una causa che condivido e abbraccio con tutta me stessa un po’ perché penso che valga la pena combattere per ciò in cui si crede.
E io in questo progetto CREDO!
Devo ammettere che leggere gli ultimi commenti fatti nei confronti di Max e del progetto Lovegiver mi hanno creato molto nervoso e ben poca voglia di essere diplomatica, ma sono fermamente convinta che le persone che si rivolgono in modo così poco pertinente, non siano persone cattive bensì persone non informate o male informate.
Viviamo in paese democratico in cui ognuno può esprimere un parere. Un parere però non è un’idea espressa a caso, bensì una formulazione fatta su conoscenza e studio. Altrimenti non possiamo parlare di idee ma di frasi buttate a caso giusto per il gusto di “dover dire la mia”.
Sia come persona che come professionista sono veramente convinta che la soluzione per tutto questo sia la formazione e l’educazione, così ho deciso di commentare, alcune delle frasi più eclatanti che ho letto, spiegando perché non sono concettualmente corrette.
In verità la sessualità è un diritto assoluto e inviolabile. La repubblica riconosce e garantisce tutti i diritti inviolabili dell’uomo ed essendo la sessualità uno dei principali e più importanti modi di espressione della persona è quindi tutelata dalla costituzione italiana senza distinzioni di sesso, razza, lingua, religioni, condizioni politiche, di condizioni personali e sociali.
Detto ciò possiamo affermare con chiarezza che la sessualità è assolutamente un diritto ed è nostro dovere poterla garantire qualsiasi siano le condizioni personali e sociali dell’individuo.
Inoltre ciò che è portato avanti dal progetto Lovegiver non è solo il diritto al sesso ma anche il diritto alla sessualità e all’affettività, diritti che dovrebbero essere garantiti ad ognuno. La sessualità infatti risulta estendersi oltre agli organi riproduttivi e insediarsi in ogni ambito della vita assumendo molteplici significati, significati assolutamente imprescindibili per la crescita e la formazione di ogni persona.
La sessualità è un diritto e come tale deve essere garantito con pari uguaglianza e dignità a ogni cittadino.
Come già specificato sopra la sessualità è un diritto imprescindibile dell’essere umano quindi il progetto Lovegiver è a tutela di tale diritto e non sta lavorando per nessun “capriccio”.
La figura dell’OEAS è una figura professionale formata, una figura educativa che non può assolutamente essere paragonata alla prostituzione, che accompagna la persona diversamente abile oltre che all’esperienza orgasmica, alla scoperta dell’affettività, del proprio corpo e a un percorso che sviluppi l’autostima e quando è possibile l’indipendenza. Perché una donna che decide di portare avanti un percorso educativo nel quale utilizzare come mezzo di comunicazione anche il corpo deve essere considerata stuprata? Avete per caso chiesto alla figura dell’OEAS se si sente obbligata o stuprata nel portare avanti questo percorso?
Ma soprattutto visto che questi post sembrano essere così tanto a sostegno delle donne, non vi è mai venuto nemmeno il minimo dubbio che anche le donne disabili abbiano il diritto di vivere la sessualità?
E che le figure OEAS sono anche uomini?
Purtroppo, avete spostato voi la donna in una condizione di inferiorità condividendo questo post, post che non prende nemmeno minimamente in considerazione che una donna possa avere il desiderio di vivere la sua sessualità.
Oltre a ri-ribadire quanto già espresso nei paragrafi precedenti e all’essere io allibita per certe espressioni veramente basse vorrei porre l’accento su questo tema:
ho oscurato per correttezza i nomi delle persone che hanno scritto i commenti ma all’interno di questo dibattito viene citata una pagina femminista. Questa pagina femminista che anch’essa non prende minimante in considerazione che anche le donne possono avere la possibilità di vivere la loro sessualità grazie al progetto Lovegiver, vede la figura dell’OEAS come sfruttamento delle donne, perché la sessualità è solo degli uomini giusto?
Questo sarebbe quindi in favore delle donne?
Il progetto Lovegiver non è per gli uomini ma per le persone diversamente abili! La figura dell’OEAS è una figura, senza distinzione di sesso e orientamento sessuale, che sceglie di intraprendere un percorso di formazione per diventare una figura educativa che utilizza anche il corpo come mezzo di comunicazione.
Questo sarebbe da considerare mercimonio?
Moltissime donne utilizzano il loro corpo consapevolmente nei loro percorsi di vita. Vediamo per esempio le atlete: utilizzano il loro corpo, sfruttandolo e alle volte tirandolo allo stremo per raggiungere i risultati che hanno scelto e che le rendono felici, cosa c’è di tanto diverso? E’ forse la parola sessualità che vi disturba?
La parola sessualità genera ancora molti taboo e pregiudizi, riflettiamoci!
Esattamente di quali condizioni stiamo parlando? Ogni persona diversamente abile ha una propria patologia che è diversa da altre, quindi mi viene complicato capire il senso di questo commento. Mi viene ancora più difficile capirlo se leggiamo la disabilità come condizione facente parte della vita dell’individuo e non totalizzante di quella persona.
Probabilmente la persona che ha fatto questo commento non vede volti con nomi emozioni e storie, ma vede carrozzine, stampelle, difficoltà nell’apprendimento ecc..
L’OMS (l’associazione mondiale della sanità) ha definito infatti la disabilità come “la conseguenza o il risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo, i fattori personali e i fattori ambientali che rappresentano le circostanze in cui vive il soggetto”.
Questa semplice ed esaustiva spiegazione pone l’accento su quanto la condizione di disabilità è da considerarsi solo in parte formata dalla condizione di deficit, bensì sono molti altri fattori che vanno a delinearla.
La persona è da considerarsi nella sua integrità e completezza non come patologia!
Articolo di ANNA CASTAGNA