Un paio di anni fa mi sono imbattuta nell’opera Long Awaited di Patricia Piccinini (2008 ©). A prima vista ho provato sensazioni a dir poco contraddittorie di fronte ad essa: veniamo educati a credere che opere quali i Bronzi di Riace siano la massima espressione di arte e di bellezza. Come può esserlo, allora, qualcosa di così distante? Qualcosa di così DIVERSO? Ma guardando con più attenzione, ho finito per provare una forte tenerezza, quasi commozione, per quelle che sembrano essere inizialmente creature poco rassicuranti.
Esseri tutt’altro che comuni, ma estremamente realistici che mettono in discussione l’essere umano e il rapporto, non solo con ciò che a lui estraneo (rapporto non poco complesso, basti dare un’occhiata alle statistiche aggiornate sugli episodi di razzismo, sessismo e via dicendo), bensì anche con se stesso e con i canoni da esso usati per categorizzare il mondo che lo circonda. Il rappresentare il mondo secondo rigide categorie è, purtroppo o per fortuna, nella nostra natura di essere umani. Appena venuti al mondo siamo infatti, già circondati da una quantità di stimoli tale da sopraffarci: ecco perché l’esigenza di ridurre in schemi la realtà che andiamo ad esperire. Metodo usato anche dai pubblicitari: una comunicazione semplice permette di raggiungere le grandi masse, peccato che questa operazione contribuisca al diffondere in società dubbi stereotipi. Da qui deriva la necessità umana di una guida: perché l’uomo non cresce semplicemente per grazia di madre natura come le piante, ma ha bisogno di un’educazione che lo orienti alla selezione di quei valori che gli consentiranno di godere dei frutti di una vita genuina. Ma le generazioni precedenti non ci hanno esattamente insegnato a fare ciò. Al contrario, proveniamo da una cultura fascista con l’ossessione per l’aderenza a opinabili ideali di perfezione e potenza fisica imposti. E così, impariamo a schernire l’anziano, il debole e l’imperfetto. E siccome non esiste individuo al mondo completamente privo di debolezza e imperfezione, tanto vale schernire il prossimo quanto più in fretta possibile: “la miglior difesa è l’attacco”, si dice. Ed ecco il dilagare della superficialità tipica della società di oggi, che troppo spesso si occupa dell’apparenza, più che della reale essenza delle cose.
E se i mostri di Piccinini ci consentono di uscire dall’ordinario, costringendoci ad interrogarci seriamente su ciò che consideriamo la norma, ed a ridefinire i termini di paragone che usiamo per definire il mondo, ben venga la mostruosità.
L’artista, in questo senso, è una vera e propria creatrice di opere pedagogiche, che ci insegnano a guardare ripulendo lo sguardo da giudizi stereotipati. Mira ad incrementare la connessione dei suoi spettatori con i propri sentimenti e quegli degli altri, dando loro l’opportunità di toccare e abbracciare questi esseri così strani in tutta la loro alterità imparando a sentire la nostra. Non siamo abituati al nostro corpo “nudo e crudo”: lo nascondiamo sotto jeans che mascherano quella forma che “proprio non ci piace” e mettono in risalto invece quel nostro punto di forza! Non riusciamo a guardarci completamente nudi allo specchio o semplicemente a stare nudi qualche minuto con noi stessi percependoci completi, senza che sopraggiunga qualche senso di disagio o di pudore. La nostra cultura moralista e bigotta cerca di castrarci e ci riesce, mentre queste creature definite brutte e anormali, al di fuori di ogni parametro, appaiono in pace con se stesse, felici nella loro nuda natura! Sembra quasi che siano uscite dall’immaginazione di qualche bambino: opere molto distanti dalle tanto perfette quanto algide Veneri che popolano i nostri musei. Il mondo che Piccinini ci offre è abitato da creature così diverse ma allo stesso tempo così vicine al nostro cuore e al nostro modo di percepirci umani. Un mondo dove sembra realmente possibile accettare i nostri limiti e difetti. Un mondo privo dall’orrore dell’offesa e della violenza verso il prossimo in nome di presunti principi basati sulla disuguaglianza.
E’ inevitabile riconsiderare le nostre idee circa i binomi natura/cultura e bellezza/bruttezza. E’ inevitabile riconsiderare il rapporto con noi stessi ed il nostro corpo, riscoperto meravigliosamente imperfetto per l’ennesima volta.
Laura